Abisso di Porcara

Catasto: V-VR-1072

Coord. WGS 84 11° 05' 28,6”  45° 34' 33,6”

Prof. m 140 Sviluppo m 580


La Spluga o Abisso di Porcara fu scoperta ed esplorata fino alla profondità di 34 metri dal G.G. Falchi di Verona nel 1957 e catastata con il numero 1072 VVR.

Negli anni seguenti la grotta fu probabilmente chiusa dai contadini locali poiché non ne venne più ritrovata l’apertura. Nel 2009, durante una serie di ricerche nella zona, fu individuato un buco soffiante che fu ben presto allargato. Al di sotto si aprì un pozzo di circa 40 metri che era inequivocabilmente la vecchia Spluga di Porcara.

La cavità si apre sul versante orientale dell’alto Progno di Mezzane a 780 metri di quota, in un boschetto di faggi non lontano dalla omonima Contrada di Roverè Veronese. L’ingresso, nei Calcari Oolitici di S. Vigilio (Giurassico med.) è situato in prossimità di una piccola scarpata di faglia. I Calcari Oolitici hanno in questa zona spessori di pochi metri, quindi buona parte della grotta si sviluppa nei sottostanti calcari della Formazione di Rotzo (Giurassico inf.).

L’area è interessata da linee di faglia ad andamento NNE-SSO con il piano quasi verticale e debole rigetto, e la cavità, dal pozzo dello Xilofono in poi (-60), segue esattamente questa direzione. 

Oltre il primo pozzo, dopo una sala e un nuovo passaggio di un paio di metri e con fondo di terra asciutta, si giunge ad una piccola sala, la Beauty Farm, alta circa 5 metri, con un fondo di vaschette concrezionali e al di sotto un bel torrente che si fa sentire e che accompagnerà tutta la visita fino al fondo.

Questa è una zona complessa con parecchi ambienti tra di loro comunicanti e non ancora ben investigati. 

La Beauty Farm è in comunicazione con un pozzo (P. della Supposta, m. 9) e uno successivo dove l’acqua, gocciolando, fa “suonare” le concrezioni (P. dello Xilofono, m. 13). Da qui un torrentello ci seguirà fino al fondo. Poco oltre un passaggio basso (la Bara) sbuca in un’altra saletta. Da qui si scende attraverso un buco nel pavimento in un pozzo (P. Rosita, m. 6) che conduce in un nuovo ambiente più grande, con una colata che sbarra la strada. Altro piccolo pozzetto e altra nuova saletta. La via prosegue, a destra, in una corta galleria che chiude subito (la Tea Room) e dritta, seguendo il torrente, in un’altra piccola galleria che finisce esattamente in una “bella” fessura, alta qualche metro ma molto stretta. Ci sono due passaggi a 90 gradi che danno un attimo di respiro, ma per il resto, un totale di circa 15 metri, si è ben compressi! Al di là la grotta si apre di nuovo in un piccolo vano adibito alla rivestizione post-fessura (il Guardaroba) e prosegue ancora lungo una evidente faglia con direzione NNE-SSO fino ad un nuovo pozzo che in periodi piovosi è particolarmente disagevole (La Doccia, m.10).

Sceso questo si continua in un meandro un po’ più agibile e nella medesima direzione fino alla base di un bel camino, rotondo e liscio, che risale per 17 metri, seguito da altri due brevi risalti, il Ramo Nuove Prospettive, che termina in un piccolo vano concrezionato. La faglia prosegue in un meandro in discesa che si abbassa sul torrente: strisciando appena sopra l’acqua, scendiamo il Pozzo Senza Orologio (m. 17) che immette nel Salone del Reggiseno: un vasto ambiente di crollo (m. 20+40x30x25).

Al di sotto della frana viene scesa una stretta via fra i massi per alcune decine di metri, poi la prosecuzione diviene impossibile. Alcune risalite nella Sala del Reggiseno aggiungono ulteriore sviluppo alla grotta che attualmente è una delle più profonde ed estese del veronese.

È febbraio e si decide di tornare quando la stagione sarà più calda e asciutta, infatti quando piove l’acqua ci accompagna sempre fino al fondo, ma i buoni propositi non son per gli speleo e quindi, com’è giusto che sia, lasciamo passare tutta l’estate e ad autunno iniziato, con i primi freddi e le prime piogge, eccoci pronti a ritornare! 

Armati e appesantiti all’inverosimile, scendiamo la fessura e apriamo il passaggio. Tre settimane dopo, eccoci di nuovo qui, leggeri stavolta, davanti al meandrino dove ci accorgiamo che, ovviamente, il torrente scarica esattamente sulla nostra testa. e si presenta ai nostri occhi, sorpresa sorpresa, un autentico salone di grandi dimensioni. In realtà le sale sono due ma si possono benissimo considerare una sola, separate da una frana. 

Testi di Andrea Ceradini e Gabriele Tosadori; Foto di Andrea Ceradini, Simone Grossule e Paolo Lonardoni