Storia della grotta

La “Grotta di Monte Capriolo", nota anche come "Grotta di Roverè 1000" o "Grotta del Sogno”, si apre nel territorio del Comune di Roverè Veronese, sul versante meridionale del  Monte Capriolo, ad una quota di circa 1005 m s.l.m. ed è uno tra i più bei fenomeni carsici del Parco Naturale Regionale della Lessinia.

La cavità carsica, che si sviluppa all'interno dei calcari del Giurassico, è stata esplorata per la prima volta nel lontano 1957 dal Gruppo Speleologico G.E.S. Falchi di Verona e catastata con il numero 1071 V/VR. Successivamente, nel 1970 il Gruppo Amici della Montagna ha aggiornato il rilievo. 

Nel 1972, per la facile percorribilità interna e la bellezza delle sue concrezioni, dopo una serie di lavori di sistemazione, la grotta è stata aperta al pubblico.

Nel 1995, il Gruppo Speleologico del C.A.I. Verona ha scoperto ulteriori proseguimenti che hanno portato lo sviluppo della grotta ad oltre 240 m,  con una profondità pari a circa 75 m. Nel 2017 il G.A.S.V. – Gruppo Attività Speleologica Veronese ha intercettato all’esterno il pozzo presente all’interno della grotta, che ha ora due ingressi naturali più quello turistico, aggiornando il suo sviluppo in 260 metri e la sua profondità in 50 metri.

Il territorio circostante la “Grotta di Monte Capriolo” è caratterizzato da una grande varietà di forme e paesaggi, spesso molto suggestivi.

L’area in cui si apre il suo ingresso fa parte di un altopiano costituito da formazioni prevalentemente carbonatiche, ove sono presenti rocce intensamente fratturate dove le acque meteoriche, dopo un breve percorso in superficie, si infiltrano in profondità alimentando l’acquifero carsico.

L’ambiente ipogeo della grotta di Monte Capriolo per le sue peculiari caratteristiche, riveste un importante ruolo didattico e di documentazione per la formazione e l’aggiornamento culturale sui temi naturalistici e scientifici.

E’ una delle grotte più interessanti dal punto di vista naturalistico, sia per le notevoli concrezioni e colate calcitiche in essa presenti, sia per il suo particolare popolamento faunistico. In essa vivono infatti alcune tra le più interessanti specie cavernicole dell’area lessinea e una, in particolare, Chtonius lessiniensis, pseudoscorpione troglobio endemico dei lessini, e stata rinvenuta per la prima volta in questa cavità nel 1980.

Al contrario di quanto avviene in superficie, negli habitat sotterranei vi è una assenza totale di luce e di piante verdi che determina condizioni ambientali molto particolari. Per le loro caratteristiche fisiche estreme, i sistemi ipogei costituiscono veri e propri ambienti limite, come i deserti, le alte montagne e gli abissi marini. La temperatura negli spazi sotterranei rimane pressoché costante nell’arco dell’anno e corrisponde approssimativamente alla media delle temperature esterne. Ciò significa che nelle grotte troviamo temperature variabili a seconda della latitudine e della quota di ingresso della cavità.

Mancando le piante verdi, principali risorse alimentari degli ecosistemi di superficie, le fonti di cibo per le specie cavernicole sono rappresentate dalle sostanze organiche provenienti dall’esterno. Dalla superficie giungono nel sottosuolo, soprattutto attraverso acque correnti e di percolazione, detriti vegetali e animali che rappresentano il primo anello della catena alimentare sotterranea.

Un ruolo importante possono avere, invece, i pipistrelli, i quali popolando abitualmente o saltuariamente le grotte forniscono, con i resti dei loro pasti e con gli escrementi, abbondante cibo per la fauna cavernicola.

Gli animali con il più alto grado di specializzazione all’ambiente di grotta e indissolubilmente legati ad esso vengono chiamati troglobi. I principali adattamenti all’ambiente sotterraneo riguardano la depigmentazione, la scomparsa degli organi visivi e la perdita totale delle ali.

Recentemente grazie ad una collaborazione con il Laboratorio di Biospeleologia sotterranea di Verona è stato collocato nella grotta, a scopo didattico, un piccolo specchio d’acqua con un esemplare di proteo (Proteus anguinus), unico vertebrato troglobio d'Europa. Cieco e depigmentato l’adulto è lungo circa 30 cm e possiede branchie esterne e rudimentali polmoni. 

Vive nelle acque sotterranee dei massicci carsici, nuotando e incuneandosi, aiutandosi con le sue piccole zampe, nella complessa rete di fratture sommerse. 

E’ un predatore che si nutre di crostacei, molluschi, larve di insetti, vermi e altri piccoli animali. Non mastica la preda, ma la ingoia intera. Potendo accumulare grandi quantità di nutrienti, in poco tempo, può resistere per lunghi periodi alla mancanza di cibo. 

I protei sono gregari; solitamente si riuniscono sotto pietre o in fessure; non hanno predatori e sono ben adattati al loro ambiente che è tendenzialmente molto stabile. Per questo sono molto longevi. Alcuni esemplari sono stati allevati per più di 70 anni, ma si stima che mediamente la loro vita possa superare i cento anni. 

La specie è diffusa nelle acque sotterranee del Carso triestino, dell’Istria e della Dalmazia.

La cavità è formata da due caverne che comunicano attraverso un passaggio artificiale. La prima, di minori dimensioni, è un pozzo di crollo; la seconda invece raggiunge notevoli dimensioni ed è fortemente concrezionata. Il soffitto, le pareti, il pavimento di questa grande sala sono letteralmente ricoperti da concrezioni stupende: stalattiti, stalagmiti, colonne, coralloidi, colate, vele e cortine, concrezioni eccentriche, uno scenario fiabesco che incanta il visitatore.

Il percorso turistico si snoda lungo un sentiero attrezzato che permette al visitatore di ammirare  le  bellezze del mondo sotterraneo in tutti i suoi molteplici aspetti.

La Commissione Speleologica Veronese, attraverso il volontariato degli speleologici dei sette gruppi grotte veronesi che la compongono, gestisce l’apertura turistica della grotta dal 1989, in forza di una convenzione col Comune di Roverè Veronese, garantendo l’apertura al pubblico, durante il periodo estivo, da metà giugno a metà  settembre, tutti i sabati pomeriggio e le domeniche compreso ferragosto, e durante gli altri periodi dell’anno mediante visite guidate con preavviso di almeno cinque giorni ed un numero di visitatori non inferiore a 20.

In quasi cinquant'anni di apertura al pubblico, malgrado le oltre 3000 presenze annue, il microclima interno della grotta non ha subito l’impatto aggressivo della presenza dei visitatori, come risulta in altre famose grotte turistiche italiane con la presenza di muffe e muschi; ciò è dovuto all’oculata organizzazione delle visite da parte della C.S.V. che limita il grosso dei visitatori durante il periodo estivo.

Testo di: Gianfranco Caoduro, Roberto Zorzin.